martedì 15 marzo 2011

Errori più frequenti nella contabilità condominiale

Il passaggio delle consegne
Appena assunto l’incarico ad amministrare, con il passaggio delle consegne, viene raccolta tutta la documentazione conservata nei faldoni e nelle cartelle dello stabile (conferme d’ordine, bollette, fatture, mandati di pagamento, quietanze dei versamenti effettuati dai condòmini ecc.); delle fatture e delle bollette, pagate e non, viene fatto in genere un ordinato gruppo per tipologia di servizio (es. gas, acqua, manutenzione dello stabile, pulizia scale, ascensori, svuotatura di fosse biologiche ecc.).
Si riepilogano gli incassi ed i costi pertinenti il condominio attraverso un c.d.“libro cassa” analitico, su cui vengono annotate in ordine cronologico tutte le scritture contabili.
Uno dei casi classici che si incontrano è quello dell’impossibilità di verificare le entrate perché l’amministratore precedente non ha conservato le matrici delle bollette dei pagamenti, ma ha conservato solamente uno schema contenente tutti i pagamenti ricevuti. Ma in questo caso è indispensabile una successiva verifica da parte del nuovo amministratore con ogni singolo condomino.
Si consiglia pertanto, ai fini di una gestione chiara e precisa, ed in maniera di non incorrere in errori, di provvedere sempre alla numerazione cronologica delle entrate, così come avviene normalmente per le spese.
Anche il software di gestione condominiale deve contenere tale opportunità, al fine di permettere all’amministratore la raccolta in un faldone degli incassi, separati per le gestioni ordinarie, straordinarie e del riscaldamento; così come normalmente si fa con le spese.
Poniamo il caso, ad esempio, che si revochi un amministratore che da tre anni non presenta il rendiconto e dopo il passaggio delle consegne, un singolo condomino contesti il pagamento di una bolletta di due anni prima.
Attraverso il partitario individuale si riesce a giungere rapidamente ad individuare la situazione dei pagamenti del singolo partecipante al condominio, ma se lo stesso ha pagato per acconti e non rispettando le scadenze, a distanza di anni è difficile dimostrare l’esatta contabilizzazione dell’incasso, se non mostrando fisicamente la matrice della ricevuta da rinvenire in archivio, tra le migliaia di carte che gli addetti ai lavori ben conoscono. Con una numerazione, invece, è possibile facilmente “ripescare” la matrice e dimostrare l’esatta contabilizzazione di ogni singola entrata. Consigliamo pertanto di effettuare una precisa numerazione sia degli incassi che delle spese, al fine di poter sempre disporre di tutti i giustificativi, sia di quelli in entrata che di quelli in uscita, fondamentali per effettuare un chiaro passaggio delle consegne tra amministratori. Inoltre bisogna sempre provvedere ad effettuare il collegamento delle gestioni anno per anno, verificando il saldo della cassa della gestione precedente con il saldo della cassa della gestione successiva, rammentando che non esiste sempre la coincidenza tra saldo di cassa e saldo dei conguagli a credito e/o a debito dei condomini e che Il saldo di cassa va travasato da un esercizio amministrativo all’altro. Attenzione particolare va inoltre alla categoria degli onorari che competono all’amministratore quale sua remunerazione (art. 1135 n.1 cod. civ.), nonché le spese da lui sostenute per l’organizzazione dell’attività gestoria (paghe dei dipendenti, spese di cancelleria e di studio). Accade, ad esempio, che l’emissione della notula fiscale avvenga a distanza di due anni circa dal concreto incasso, benché le bozze di notula vengano concretamente pagate con l’approvazione del rendiconto, inserite nel rendiconto come uscite invece che come debito del condominio verso il gestore amministrativo, che magari così facendo “rischia” di vedersi pagare due volte il proprio compenso in due esercizi contabili distinti ma sempre per lo stesso periodo di gestione condominiale!

Fondi di cassa e fondi di riserva
Questi non rappresentano spese sostenute, bensì sono accantonamenti monetari costituiti ad hoc in previsione di spese straordinarie rilevanti che impegnano più esercizi (es. il rifacimento delle facciate, delle coperture, aggiornamento degli impianti alle norme di sicurezza, ecc.). Tali fondi, alimentati per lo più da quote aggiuntive versate dai condòmini all’amministratore, è consigliabile che siano allocati nella contabilità, distinti dalla gestione ordinaria, e memorizzati come debiti.
Analogo criterio di contabilizzazione va tenuto per i fondi di riserva, cioè depositi di denaro costituiti per sopperire a crisi di liquidità del singolo condominio. L’errore classico è quello di non ricordare che gli accantonamenti (TRF, fondo cassa, o fondi speciali) non devono essere inseriti tra le spese, ma tra i debiti. Il fondo di quiescenza del dipendente condominiale è un debito verso il soggetto che presta servizio dipendente nel condominio; il fondo di riserva o fondo cassa, rappresenta un debito dell’ente di gestione verso i condomini. Gli accantonamenti non sono inseriti nella cassa, poiché non rappresentano effettive spese,ma vengono inseriti nel consuntivo poiché il loro ammontare (quota annuale) deve consentire all’amministratore, per conto dei condomini, la costituzione materiale del fondo attraverso il relativo accantonamento. Quando poi si utilizza il fondo, per coprire una spesa o per liquidare il portiere con il TFR, l’uscita va registrata dall’amministratore, con l’accortezza che non vada a gravare sul consuntivo corrente, ma deve semplicemente ridurre il relativo fondo. Qualora infine si effettui un accantonamento, è normale che il totale del consuntivo non corrisponda con il totale delle spese sostenute risultante dal conto economico: gli accantonamenti non essendo uscite di cassa non vanno inseriti nelle spese sostenute, ma vanno inseriti nel consuntivo affinché vengano versati dai condomini; di conseguenza il totale del consuntivo è superiore al totale delle spese riportato nel Conto di dimostrazione delle entrate e delle spese.

Il criterio di compilazione del rendiconto
Nella redazione dei rendiconti capita di incontrare amministratori che per quanto riguarda il rendiconto, non illustrando la situazione patrimoniale, utilizzano la seguente impostazione metodologica:
– gli incassi, (costituiti dai versamenti delle quote condominiali), sono riportati nel rendiconto secondo il criterio di cassa, cioè vengono computati solo quelli che sono stati concretamente introitati durante l’anno dell’esercizio, sicché non sono considerate le quote dei condòmini morosi pervenute oltre quella data;
– i costi, (cioè le prestazioni di beni/servizi erogati durante l’anno dalle ditte, le prestazioni e i costi dell’amministratore X), sono invece riportati nel rendiconto per l’importo totale di ciascuna prestazione, a prescindere dal fatto che sono stati pagati o meno entro la data di chiusura, cioè secondo il criterio di competenza. In base a tale criterio, ogni costo, purché riferibile all’anno di gestione, grava sull’esercizio come posta passiva, anche se in concreto, non essendo stato pagato o essendo stato pagato solo in parte, a quella voce non corrisponde un’uscita monetaria effettiva, cosicché il saldo algebrico dell’esercizio rappresenta un risultato che non corrisponde all’entità complessiva delle spese effettivamente sostenute.
L’adozione di tale criterio, dunque, altera il saldo finale d’esercizio perché si caricano su di esso anche spese in concreto non sostenute durante quel periodo. – il saldo come sopra ottenuto, se negativo (ed è il risultato quasi sempre che si verifica), comporta per gli amministrati l’obbligo di pagare, unitamente alla prima rata del preventivo, il conguaglio pro quota per ripianare la cassa. L’adozione di tale criterio, dunque, altera il saldo finale d’esercizio perché si caricano su di esso anche spese in concreto non sostenute durante quel periodo, facendo apparire come spese sostenute nell’anno di gestione somme che, invece, tutt’al più sono state sborsate durante l’anno di gestione seguente. Orbene, il criterio della competenza, adottato per computare i costi, non soddisfa l’obbligo giuridico di chiarezza e completezza richiesto dalla legge, se non è applicato anche per gli incassi. E’ evidente che se i costi vengono conteggiati e fatti gravare sulla gestione anche se non sono stati pagati, contro l’apparenza creata dai rendiconti, il saldo dell’esercizio risulterà nella maggior parte dei casi negativo, - come accaduto in alcuni rendiconti esaminati -, senza però che i condòmini possano avvedersi che l’apparenza si discosta dalla realtà. Per cogliere i termini pratici del problema, si ipotizzi il caso in cui, nel corso dell’anno di gestione, i condòmini abbiano versato nelle mani dell’amministratore in totale 100.000 euro e che, a fronte di 150.000 euro di forniture ricevute, il gestore abbia speso soltanto 70.000 euro. Senza utilizzare l’indispensabile strumento della situazione patrimoniale, che collega i vari esercizi ed evidenzia crediti e debiti di gestione, avviene quanto di seguito illustrato:
Col criterio della cassa per gli incassi e della competenza per i costi, metodo adottato da molti amministratori, il saldo algebrico finale dell’esercizio è negativo per 50.000 euro.
a) Per conseguenza il rendiconto fa apparire come speso tutto il denaro versato dai condòmini, mentre nella realtà dovrebbero esistere in cassa 30.000 euro perché non consumati. Di tale giacenza i condòmini non sono informati, perché nel rendiconto tale dato è assente, e senza una situazione patrimoniale i debiti non vengono evidenziati, ed ai loro occhi appare che l’amministratore ha diligentemente adempiuto ai pagamenti con tutti i mezzi di cui disponeva, però insufficienti ad estinguere tutti i debiti. Nessuna censura gli può essere mossa, per cui, approvato il consuntivo, di buon grado i condòmini verseranno a conguaglio il denaro per saldare il debito di 50.000 euro, risultato apparente di fine esercizio. Nei confronti degli eventuali riottosi l’amministratore, valendosi dello stato di riparto approvato, potrà esperire l’azione monitoria provvisoriamente esecutiva ex art. 63 disp. att. cod. civ. e così recuperare i 50.000 euro con cui pagare i debiti ancora pendenti dall’esercizio precedente. Ma quei 30.000 euro non spesi, non comparsi in consuntivo, potranno essere erroneamente distratti ad altri scopi a danno dei condòmini i quali ne ignorano l’esistenza.
b)Viceversa, se si adotta il criterio della cassa sia per gli incassi che per i costi effettivamente pagati, il saldo finale risulta positivo per 30.000 euro ed il rendiconto rappresenta esattamente la realtà dell’impiego monetario impresso dall’amministratore. I condòmini si rallegreranno del risultato finale favorevole, ma illudendosi, perché ignorano che esistono altri 80.000 euro di debiti. In tal caso, poi, l’amministratore non potrebbe esperire l’azione monitoria per ottenere dai condòmini il denaro necessario per pagare il debito pendente, perché formalmente dispone di 30.000 euro in esubero. Se entrambi i metodi prestano il fianco a critiche, è però chiaro che quello sub a) favorisce l’amministratore più di quello sub b): con il primo, egli ha la possibilità di ottenere dai condòmini, anche coattivamente, più di quanto effettivamente gli necessita per la gestione, e, se volesse, di impossessarsi della giacenza di cassa in pregiudizio degli amministrati e senza esporsi a reali possibilità di controllo. Il metodo sub b), invece, evidenzia ai condòmini il concreto impiego del denaro e quindi amplia la loro possibilità di criticare le scelte discrezionali dell’amministratore (es. perché hai pagato la ditta Elle invece che Zeta?), ma toglie a quest’ultimo la possibilità giuridica di esigere coattivamente il denaro necessario per pagare i debiti pendenti. Dove e come reperire il denaro che serve per pagare i debiti pendenti?
E’, allora, esatto affermare che nessuno dei due criteri risponde all’esigenza di chiarezza e completezza cui il rendiconto deve ispirarsi, personalmente si ritiene che sia corretto utilizzare il criterio della competenza, perché è il solo che, adeguato al contenuto dell’obbligazione di rendiconto, dimostra l’effettiva attività di gestione svolta dall’amministratore ed il vero risultato economico raggiunto, ma con due cautele:

• che si utilizzi lo stesso criterio sia per le spese che per gli incassi
• che si adoperi con moderazione non ampliandone la portata (cfr. sopra gli avvisi di notula professionale di due anni prima) Questa soluzione, è la sola, inoltre, che coniuga efficacemente e secondo la voluntas legis l’obbligo di informazione e la possibilità per l’amministratore di procurarsi i mezzi per assolvere al mandato.
La relazione di fine gestione
E’ consigliabile per l’amministratore, predisporre al termine della gestione, accompagnata al rendiconto, una “relazione di fine gestione”, ossia una relazione illustrativa che, oltre ad approfondire particolari aspetti della gestione collegati a dimostrazioni numeriche di più difficile comprensione, fornisca ai condomini un’informazione di natura non strettamente contabile degli eventi che hanno caratterizzato la gestione condominiale annuale (polizze assicurative, situazione liti giudiziarie, certificazioni, ecc.).

Il conto corrente
Al tema della doverosa e completa informazione non è estraneo quello, che sia da censurare l’amministratore che colloca i fondi versati dai condòmini su conti correnti bancari o postali  intestati a se stesso, prassi ancora purtroppo molto diffusa. La confusione tra le rimesse fatte dai condòmini di uno stabile con quelle versate dagli altri, non è che il primo immediato effetto, come l’impossibilità di non poter verificare chi dei condòmini non paga tempestivamente, sia per fruire degli interessi attivi sulla giacenza, esigenza oggi superata dai maggiori costi di gestione applicati sui conti correnti.
Per una eventuale verifica, inoltre, soltanto raccogliendo tutte le quietanze di pagamento rilasciate ai condòmini di un immobile e detraendo, volta a volta, le fatture pagate per i servizi erogati a quello stabile, sarebbe possibile al singolo amministrato ricostruire il flusso di denaro in entrata ed in uscita gestito dall’amministratore durante l’anno, un’impresa a dir poco impossibile per chi non dispone di tempo, energie e competenze specifiche, e che, per di più, ha diritto ad ottenere dall’amministratore la massima trasparenza possibile.
La scelta di un amministratore di far confluire tutte le rimesse sui conti correnti intestati a lui non è, dunque, priva di rilievo, perché proprio in sede di approvazione del rendiconto l’assemblea, pur avendo la potestà di sindacare la gestione, non ha alcuno strumento per controllare la correttezza e pertinenza della destinazione impressa ai propri fondi dall’amministratore e, magari, impedire che fossero utilizzati per far fronte alle spese di un altro condominio o addirittura, nell’ipotesi estrema, distratti dai conti. In proposito la giurisprudenza più attenta ha stabilito: Trib. Genova sent. 16.9.93: “E’ illegittima la deliberazione dell’assemblea condominiale laddove preveda il mantenimento del conto corrente intestato ad una società appartenente all’amministratore ed alla moglie, avente per oggetto l’amministrazione di condomini, come conto d’appoggio dell’amministrazione condominiale sul quale fare affluire i versamenti di tutti i condòmini, in quanto ciò integra lesione del diritto di ciascun condominio alla perfetta trasparenza, chiarezza e facile comprensibilità della gestione condominiale, che costituisce un limite inderogabile alle scelte discrezionali e gestionali degli organi di amministrazione e governo del condominio”. Trib. Milano sent. 29.9.93: “Non è legittimo il comportamento dell’amministratore che, facendo affluire i versamenti delle quote condominiali e dei fondi di riserva sul suo conto personale e non su un conto del condominio, generi una confusione del suo patrimonio con quello di uno o più condomini e renda, peraltro, impossibile ogni controllo da parte dei condòmini che hanno il diritto soggettivo di fruire di una corretta gestione dei beni e servizi comuni.
Trib. Milano sent. 9.9.91:“Il singolo condòmino ha un diritto soggettivo a vedere versate le sue quote, sia per sopperire alle spese che per gli eventuali fondi, su un conto corrente intestato al condominio e non personalmente all’amministratore, ed a conoscere l’entità degli interessi che maturino a suo favore. Pertanto, si deve concludere che la collocazione dei fondi degli amministrati su un conto corrente intestato al condominio d’appartenenza costituisce un obbligo che rientra, completandolo, in quel più generale dovere di trasparenza e diligenza cui è tenuto l’amministratore condominiale. Dunque, anche per questo aspetto si evidenzia il dovere di informazione e documentazione che scaturisce dall’obbligo di rendiconto e dal connesso dovere di illustrare in assemblea l’attività di gestione svolta con il supporto di tutta la documentazione disponibile, soprattutto ed a maggior ragione quando le operazioni sono state numerose, perché estesi e popolati i condominii. Il non avere adempiuto all’obbligo di chiarezza e completezza del rendiconto ed al coassiale dovere di illustrarne il contenuto con la documentazione opportuna verso gli amministrati pone inoltre l’amministratore in una luce tutta sfavorevole e di sospetto. Concludo con una riflessione personale dettata dall’esperienza di CTU. La scelta di redigere il consuntivo, senza utilizzare la situazione patrimoniale, per cassa soltanto per gli incassi e per competenza per i costi imputabili all’esercizio, facendoli apparire come effettivamente sostenuti, non è inconsapevole e frutto della prassi adottata da altri amministratori condominiali. Difatti, se la si collega all’intestazione dei conti correnti in capo all’amministratore, emerge la perfetta sinergia tra le due opzioni: entrambe vengono adottate consapevolmente per eludere l’obbligo di trasparenza derivante dal mandato a gestire ed impedire agli amministrati di esercitare un effettivo controllo, che in concreto l’assemblea, in questi casi non ha il potere di espletare. In proposito, se dovessimo ascoltare tutti i condòmini, essi confermerebbero quella che è la comune esperienza di chiunque abiti in un condominio e partecipi alle assemblee, nessuno, pur volendo, potrebbe accertare in quella sede se una fattura, ripescandola tra chili di documenti, fosse stata realmente pagata in tempo prima che maturassero interessi da ritardo, se i fondi disponibili fossero stati davvero impiegati a vantaggio soltanto di quel condominio, se fossero maturati interessi attivi, se a carico dei 
condòmini morosi fossero stati addebitati interessi aggiuntivi.

Fabio Gerosa

4 commenti:

  1. Il vostro blog è stato segnalato sul portale della Community AziendaCondominio quì:
    http://www.aziendacondominio.it/forum/viewtopic.php?f=230&t=242&start=60#p20025

    Buona giornata!

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  2. Gradirei avere informazioni in merito all'inquadramento di un amministratore di condominio senza partita iva. Il compenso richiesto ammonta ad € 1.600,00 oltre oneri previdenziali e fiscali. Considerato che ha assunto l'incarico a settembre 2012 come dovrà essere impostata la ricevuta (per i mesi di competenza)? Dalle varie informazioni reperite non si configura una collaborazione occasionale ma sarebbe necessario emettere busta paga+ denuncia Uniemens.....una procedura alquanto complessa ed onerosa per un compenso così esiguo...Grazie

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  3. Delibera con due punti per lavori straordinari non urgenti approvata con maggioranza e fondo di accandonamento con 3 rate secche per totali 10.000 euro con scadenza nei 3 mesi a seguire. Possibile? Che senso ha sto fondo? Solo a far ingiunzioni ..? Esperienze?

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  4. Io abbito in un condominio militare il sono fiduciario pago le bollette ma io codice fiscale non è dell'ente pubblico ma di un maresciallo in pensione va cambiato il codice fiscale

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