martedì 15 marzo 2011

Valore delle dichiarazioni contenute nel verbale d’assemblea

La pronuncia emessa dalla Cassazione, Sezione seconda, del 9 novembre 2009, n. 23687 è molto sui generis, in quanto ha attribuito al verbale assembleare, privo della sottoscrizione del Presidente e del Segretario, valore di confessione stragiudiziale. Sull’argomento, va precisato che, da un punto di vista giuridico, il verbale di assemblea può essere considerato confessione, in quanto, seguendo il ragionamento della pronuncia in esame, a norma dell’art. 2730 c.c. la confessione è la dichiarazione che una parte fa della verità dei fatti ad essa sfavorevoli e favorevoli all’altra parte. Ora l’elemento soggettivo richiesto per la validità della confessione non consiste nell’intenzione di fornire una prova alla controparte, ma nella consapevolezza e volontà di ammettere e riconoscere la verità di un fatto a sé sfavorevole e favorevole all'altra parte, indipendentemente dalle conseguenze giuridiche che ne possono derivare (Cass. civ., 11 ottobre 1996, n. 8932).
Invero per fatto sfavorevole al dichiarante e favorevole all'altra parte - requisito necessario per stabilire se la dichiarazione presenti i caratteri della confessione - deve intendersi il fatto che, avuto riguardo all’oggetto della controversia ed ai termini della contestazione, è in concreto idoneo a produrre conseguenze giuridiche svantaggiose per colui che volontariamente e consapevolmente ne riconosce la verità (Cass. civ., 21 novembre 1997, n. 11635). Nota essenziale del fatto che forma oggetto di confessione è di essere, obiettivamente, sfavorevole al confidente e, nel contempo, favorevole all’altra parte, il che si verifica quando il fatto medesimo si trovi, rispetto ai contrastanti interessi delle parti in rapporto tale che, dalla sua ammissione, escludente qualsiasi contestazione sul punto, derivi concreto pregiudizio all'interesse del dichiarante, con corrispondente vantaggio di quello del destinatario (Cass. 4 marzo 1980, n. 1428).
È giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. sent. n. 6301/1992), che la confessione giudiziale o stragiudiziale richiede una esplicita dichiarazione della parte o del suo rappresentante in ordine alla verità di fatti ad essa sfavorevoli o favorevoli all’altra parte, e, pertanto, può risultare da un comportamento o desumersi da fatti concludenti, ma non può consistere in una dichiarazione solo implicitamente o indirettamente ammissiva dei fatti in discussione, la quale resta utilizzabile come elemento meramente presuntivo o indiziario; e che una dichiarazione per essere qualificabile come confessione, deve constare di un elemento soggettivo, consistente nella consapevolezza e volontà di ammettere e riconoscere la verità di un fatto a sè sfavorevole e favorevole all'altra parte, e di un elemento oggettivo, che si ha qualora dall'ammissione del fatto obiettivo, escludente qualsiasi contestazione sul punto, derivi un concreto pregiudizio all'interesse del dichiarante e un vantaggio corrispondente per il destinatario della dichiarazione (Cass. civ., Sez. II, 6 giugno 2006, n. 13212).
Ritornando alla pronuncia in esame, la sua originalità non risiede nel fatto che la delibera condominiale venga considerata come confessione, ma che una delibera priva di requisiti essenziali, come la non sottoscrizione del Presidente e del Segretario, sia considerata valida e, di conseguenza abbia valore di confessione. Nel caso di specie, un verbale di assemblea privo di sottoscrizione del Presidente e del Segretario è inesistente e, quindi, nullo, in quanto privo di elementi essenziali. Infatti, la giurisprudenza (Cass. civ., Sez. Unite, sentenza 7 marzo 2005, n. 4806) ritiene che costituiscono cause di nullità delle delibere adottate dall’assemblea del condominio le delibere prive degli elementi essenziali, le delibere con oggetto impossibile o illecito (contrario all’ordine pubblico, alla morale, al buon costume), le delibere con oggetto che non rientra nella competenza dell'assemblea, le delibere che incidono su diritti individuali sulle cose o servizi comuni o sulla proprietà esclusiva di ognuno dei condomini, le delibere comunque invalide in relazione all’oggetto. Devono, invece, qualificarsi annullabili le delibere con vizi relativi alla regolare costituzione dell’assemblea, quelle adottate con maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge o dal regolamento condominiale, quelle affette da vizi formali, in violazione di prescrizioni legali, convenzionali, regolamentari, attinenti al procedimento di convocazione o di informazione dell’assemblea, quelle genericamente affette da irregolarità nel procedimento di convocazione, quelle che violano norme che richiedono qualificate maggioranze in relazione all’oggetto.
(Altalex, 29 gennaio 2010. Nota di Rocchina Staiano, cfr. eBook “Condominio di Mariantonietta Crocitto)

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