martedì 15 marzo 2011

Responsabilità del custode

Cassazione Sent. del 10.10.2008, n. 25029

Responsabilità del custode - La responsabilità del custode, ai sensi dell'art. 2051 cod. civ. é esclusa dall'accertamento positivo che il danno è stato causato dal fatto del terzo o dello stesso danneggiato, il quale ha avuto efficacia causale esclusiva nella produzione del danno. Per ottenere l'esonero dalla responsabilità, il custode deve provare, in particolare, che il fatto del terzo abbia i requisiti dell'autonomia, dell'eccezionalità, dell'imprevedibilità e dell'inevitabilità e che sia, quindi, idoneo a produrre l'evento, escludendo fattori causali concorrenti. L'individuazione precisa del terzo non costituisce elemento essenziale per la prova dell'interruzione del nesso eziologico, nel caso in cui sia, comunque, certo l'effettivo ruolo del terzo stesso nella produzione dell'evento. Qualora, invece, persista l'incertezza sull'individuazione della concreta causa del danno, pur essendo certo che essa derivi dalla cosa, la responsabilità rimane a carico del custode, non essendo il fatto ignoto idoneo ad eliminare il dubbio in ordine allo svolgimento eziologico dell'accadimento, difettando in concreto la prova del caso fortuito. (Cassa e decide nel merito, App. Bologna, 28 maggio 2003).
Svolgimento del processo
P. V. e B. M. C. convenivano davanti al tribunale di Bologna il Condominio di via (OMISSIS), per sentirlo condannare al risarcimento dei danni per L. 7.900.000, riportati in occasione della fuoriuscita di materiale maleodorante dal water posto nel bagno del loro appartamento, a seguito dell'ostruzione della tubazione collocata nella colonna di scarico verticale posta a servizio di tutte le unità abitative del condominio, dovute alla presenza di vari oggetti. Il condominio si costituiva e chiedeva il rigetto della domanda. Il Tribunale di Bologna, con sentenza del 24 novembre 1998, dopo aver respinto l'eccezione di carenza di legittimazione passiva, ritenuto che non sussisteva la responsabilità del condominio ex art. 2051 c.c., per uso improprio della colonna di scarico da parte di condomino rimasto ignoto, che avevano gettato in essa un pannolino igienico assorbente e che in ogni caso non era provato il danno, rigettava la domanda. La corte di appello di Bologna, adita dagli attori, in riforma della sentenza, del tribunale condannava il convenuto condominio al risarcimento dei danni, liquidati in Euro Tremila. Riteneva la corte di appello che l'uso improprio della colonna fecale da parte di condomino sconosciuto non integrava caso fortuito; che tale uso improprio era prevedibile; che il condominio non poteva sottrarsi alla sua responsabilità perché il condomino era rimasto ignoto; che il danno (pulizia, eventuale rifacimento dell'intonaco e tinteggiatura) andava equitativamente liquidato in Euro Tremila. Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Condominio convenuto, che ha presentato memoria. Resistono con controricorso gli attori.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell'art. 2051 c.c., in relazione al fatto del terzo, nonché il difetto di motivazione, o l'insufficienza della stessa, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3 e 5. Assumono i ricorrenti che è risultato provato che l'occlusione della colonna condominiale fecale fu dovuta ad un pannolino igienico assorbente ivi introdotto da un condomino attraverso il suo water privato; che fu questo fatto del terzo che determinò il danno agli attori, con una propria efficienza autonoma; che era irrilevante che tale condomino sia rimasto ignoto.
2.1. Il motivo è fondato. In tema di responsabilità civile per i danni cagionati da cose in custodia, la fattispecie di cui all'art. 2051 c.c., individua un'ipotesi di responsabilità oggettiva, essendo sufficiente per l'applicazione della stessa la sussistenza del rapporto di custodia tra il responsabile e la cosa che ha dato luogo all'evento lesivo, senza che assuma rilievo in sé la violazione dell'obbligo di custodire la cosa da parte del custode, la cui responsabilità è esclusa solo dal caso fortuito. Detto fattore attiene non ad un comportamento del responsabile, ma al profilo causale dell'evento, riconducibile in tal caso non alla cosa, che ne è fonte immediata, ma ad un elemento esterno, recante i caratteri dell'imprevedibilità e dell'inevitabilità.
2.2. Una volta ritenuto che nella responsabilità aquiliana, il nesso di causalità materiale è regolato dalle norme penalistiche, non può poi decamparsi da esse allorché si tratti del caso fortuito, previsto dall'art. 45 c.p., che esclude la punibilità di "chi ha commesso il fatto per caso fortuito o forza maggiore". La dottrina e la giurisprudenza penalistiche tradizionali ritenevano che il caso fortuito presupponesse il nesso causale e che esso operasse nell'ambito della colpevolezza, quale causa di esclusione della stessa (ed in questi termini sembra muoversi anche la suddetta sentenza civile n. 3651/06). Sennonché, da oltre quaranta anni, la dottrina penalistica dominante ritiene che il fortuito costituisca una causa di esclusione del nesso causale in quanto l'art. 45 c.p., nel far seguire al verbo "ha commesso" la preposizione "per", sta ad indicare "a causa di". In ogni caso la suddetta dottrina rileva, in modo pienamente condivisibile, che solo la concezione del fortuito come esclusione del nesso causale si coordina con il precedente art. 41 cpv. c.p., secondo cui le cause sopravvenute escludono il rapporto di causalità, quando sono state da sole sufficienti a determinare l'evento e soprattutto con il principio di regolarità causale o causalità adeguata.
2.3. Infatti la considerazione oggettiva del fortuito, inteso come avvenimento obbiettivamente non prevedibile come verisimile, è l'unica compatibile con la teoria della causalità adeguata. Il punto è che qui anche l'imprevedibilità dell'evento va osservata oggettivamente, cioè sul piano causale, e serve a porre in relazione tra loro accadimenti sulla base del calcolo delle probabilità. Non si tratta di stabilire se il custode potesse o meno prevedere l'evento dannoso con l'ordinaria diligenza dell'uomo medio, ma di valutare se verosimilmente, in quelle circostanze di tempo e di luogo, l'evento fosse da mettere in relazione alla custodia ed in quale misura.
2.4. La giurisprudenza costante ritiene che la responsabilità del custode, ai sensi dell'art. 2051 c.c., è esclusa dall'accertamento positivo che il danno è stato causato dal fatto del terzo o dello stesso danneggiato, il quale ha avuto efficacia causale esclusiva nella produzione del danno (Cass. 21 ottobre 2005, n. 20359; Cass. 23 ottobre 1998, n. 10556). Per ottenere l'esonero dalla responsabilità, al custode è richiesta la prova che il fatto del terzo abbia i requisiti dell'autonomia, dell'eccezionalità, dell'imprevedibilità, dell'inevitabilità, quindi, dell'idoneità a produrre l'evento, escludendo fattori causali concorrenti (Cass. 27 gennaio 2005, n. 1655; Cass. 4 febbraio 2004, n. 2062; Cass. 21 ottobre 2005, n. 20359).
2.5. A tal fine va osservato che diverse sono le conseguenze tra causa ignota e fatto del terzo rimasto ignote. Nel primo caso la persistenza dell'incertezza sull'individuazione della concreta causa del danno, pur essendo certo che esso deriva dalla cosa, la responsabilità rimane a carico del custode in quanto il fatto ignoto non è idoneo ad eliminare il dubbio in ordine allo svolgimento eziologico dell'accadimento (Cass. 02 febbraio 2006, n. 2284). Se invece è certo che l'evento dannoso si è verificato per fatto del terzo rimasto ignoto, in questo caso, essendo interrotto il nesso causale tra la cosa e l'evento dannoso, il custode non risponde del danno (Cass. 15 febbraio 1982, n. 365). L'individuazione precisa del terzo non costituisce un elemento essenziale per la prova dell'interruzione del nesso eziologico naturalmente l'impossibilità di indicare la persona del terzo non deve essere confusa con l'incertezza sull'effettivo ruolo che un terzo abbia avuto nella produzione dell'evento. In questo secondo caso, infatti viene a mancare la prova del caso fortuito. Quanto al fatto del terzo che integri l'uso improprio o anomalo della cosa, la giurisprudenza afferma che un uso improprio del terzo o del danneggiato, cioè diverso rispetto a quella che era la sua normale destinazione, esclude qualsiasi responsabilità del custode (cfr. Cass. 15 ottobre 2004, n, 20334; Cass. 10 agosto 2004, n. 15429; Cass. 6 ottobre 2000, n. 13337). Lo stesso dovere del custode di segnalare il pericolo connesso all'uso della cosa si arresta di fronte ad un'ipotesi di utilizzazione impropria la cui pericolosità sia talmente evidente ed immediatamente apprezzabile da chiunque, tale da renderla del tutto imprevedibile, sicché siffatta impropria utilizzazione esclude il nesso di causalità per gli effetti di cui all'art. 2051 c.c., (Cass. 21 ottobre 2005, n. 20359; Cass. 06 ottobre 2000, n. 13337).
3.1. Con riferimento a fattispecie analoghe a quella in esame, e cioè relative all'invocata responsabilità del condominio per danni all'immobile di proprietà esclusiva degli attori condomini, derivanti dall'occlusione della colonna fecale da parte di altro condomino, questa Corte ha ritenuto che il condominio di un edificio, quale, custode dei beni e dei servizi comuni, è obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinché le cose comuni non rechino pregiudizio ad alcuno e risponde dei danni da queste cagionati alla porzione di proprietà esclusiva di uno dei condomini (Cass. 10 marzo 2005, n. 5326, in un'ipotesi in cui non era stata provata quale fosse stata la causa dell'occlusione), mentre in altra ipotesi, in cui era stato rilevato il comportamento colposo di un condomino nell'occlusione della colonna fecale, ha escluso tale responsabilità (Cass. 23 ottobre 1998, n. 10556).
3.2. Nella fattispecie, quindi, avendo la sentenza impugnata accertato che l'evento dannoso si era realizzato per occlusione della colonna fecale dovuta ad un assorbente intimo immesso in tale colonna da un water di proprietà esclusiva di un condomino, rimasto ignoto, erratamente la sentenza impugnata ha concluso per la responsabilità del condominio, sul rilievo che esso "il terzo" fosse rimasto ignoto. Proprio perché si è trattato dell'uso anomalo del water da parte di un condomino, tale fatto non poteva ritenersi né prevedibile né evitabile da parte del custode condominio, mentre è irrilevante che tale condomino sia poi rimasto ignoto. Né la circostanza indicata dalla sentenza impugnata, secondo cui nei bagni dei pubblici servizi vi è spesso l'avvertimento di non gettare oggetti nel water, sarebbe sintomo della prevedibilità da parte del custode di tale comportamento. Essa denota solo che i custodi di bagni aperti al pubblico hanno ritenuto da una parte di indicare quale sia il comportamento improprio del bagno e dall'altra che esso non è evitabile dallo stesso custode, ma solo dall'utente del water in quello specifico momento.
3.3. Diversa è la circostanza in cui l'uso anomalo della cosa da parte del terzo si sia esteriorizzato, o, in ogni caso, per il congruo lasso di tempo trascorso, si sia stabilizzata la trasformazione della cosa da normale in cosa pericolosa. In questa ipotesi alla precedente relazione di custodia se ne è sostituita un'altra del custode con la cosa nel nuovo stato. Ciò comporta che il custode, che aveva astrattamente la possibilità di avvedersi dell'evoluzione e di evitare la produzione di eventi dannosi, non potrà trincerarsi dietro il caso fortuito del fatto del terzo avvenuto in precedenza, poiché egli non è più custode della cosa quale era, ma quale è. Solo in questo caso il danno subito dal danneggiato da una parte rientra nella serie causale prevedibile e dall'altra è evitabile dal custode della cosa modificata, in quanto svoltosi in area non sottratta alla sua nuova sfera di custodia. In questa ottica trova giustificazione il principio affermato da questa Corte in tema di responsabilità dell'ente proprietario di autostrade, per il quale si è escluso la responsabilità ex art. 2051 c.c., per situazioni di pericolo provocate dagli utenti o da una repentina e imprevedibile alterazione delle cose solo allorché l'ente proprietario non abbia potuto rimuovere o segnalare la situazione di pericolo, per difetto del tempo strettamente necessario a provvedere (Cass. 11 novembre 2003, n. 16953).
4.1. Ne consegue che nella fattispecie la corte territoriale, che ha affermato la responsabilità del condominio per i danni da occlusione della colonna fecale, operata con un assorbente igienico di un condomino, per i soli fatti che tale condomino era rimasto sconosciuto e che l'uso anomalo del bene condominiale non era imprevedibile, ha applicato non correttamente il principio relativo all'esenzione di responsabilità del custode per caso fortuito, in assenza di allegazione e prova che tale occlusione si era già esteriorizzata, precedentemente ai fatti per cui è causa, e che quindi la stessa era evitabile.
4.2. L'accoglimento del primo motivo comporta l'assorbimento del secondo. L'impugnata sentenza va, quindi cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti fattuali, la causa va decisa nel merito e, per le ragioni sopra dette, la domanda va rigettata. Esistono giusti motivi per compensare per intero tra le parti le spese dell'intero giudizio.

P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbito il secondo. Cassa l'impugnata sentenza e, decidendo la causa nel merito, rigetta la domanda. Compensa tra le parti le spese dell'intero giudizio.
Così deciso in Roma, il 11 luglio 2008. Depositato in Cancelleria il 10 ottobre 2008.

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