martedì 15 marzo 2011

Pagamenti provvisori

Cass. Civ., sez. II, 27.3.2003 n° 4531

È valida la delibera assembleare adottata con votazione svoltasi in maniera anche irregolare o atipica se comunque risultino osservati i quorum richiesti per la costituzione dell'assemblea e per il tipo di deliberazione approvata.

In tema di riparto di spese condominiali, ben può l’assemblea, in attesa dell’approvazione del bilancio preventivo, autorizzare l’amministratore a richiedere ai condomini pagamenti provvisori, con riserva di successivo conguaglio sulla base del bilancio approvato e tenuto conto dei valori millesimali attribuiti a ciascuna proprietà individuale.

Svolgimento del processo
La Corte d'Appello di Roma, con sentenza resa in data 20 gennaio 1999, ha rigettato l'appello proposto da Luigi Antonio Bredice avverso la sentenza del tribunale del luogo, che aveva rigettata l'impugnazione, proposta dal Bredice, con atto di citazione notificato il 3 luglio 1996, delle seguenti deliberazioni adottate in data 27 maggio 1996 dall'assemblea del Condominio di via Vicenza, nn. cc. 30-32, in Roma: nomina dell'amministratore del Condominio: approvazione del bilancio consuntivo relativo all'anno 1995; autorizzazione al nuovo amministratore ad emettere "bollettini provvisori" di pagamento per l'anno 1996, in attesa della formazione e dell'approvazione del relativo preventivo.
Il giudice d'appello ha osservato che: a) correttamente l'assemblea era stata convocata dagli amministratori dei due preesistenti condomini dell'unico fabbricato, nonostante che il tribunale di Roma avesse, in esito a precedente giudizio, ritenuta illegittima la costituzione di un condominio per ciascuna delle sue scale del fabbricato, sia perché tale decisione non aveva comportato la revoca, la sospensione o la cessazione dalla carica degli amministratori dei due preesistenti condomini, sia perché, comunque, in virtù del principio della "prorogatio imperii", detti amministratori avevano conservato i loro poteri sino alla nomina del nuovo, unico amministratore; b) le deleghe conferite dai condomini De Nuntis, Maiolini e Convento di S. Benedetto dovevano considerarsi valide, non essendo richiesta la forma scritta per il loro conferimento e l'eventuale loro invalidità potendo essere fatta valere solo dai condomini rappresentati; c) ugualmente, solo il condomino interessato poteva far valere la tardività della comunicazione dell'avviso di convocazione, che, peraltro, nella specie non risultava provata; d) il disposto dell'art. 1123, ult. co., cod. civ. legittimava l'approvazione separata di spese riguardanti ciascuna scala, non potendosi ritenere legittimati all'approvazione, per assoluta mancanza di interesse, i condomini che non ne traggano alcuna utilità; e) quando il preventivo non sia stato ancora approvato, l'Amministratore può essere autorizzato dall'assemblea, ai sensi dell'art. 1135, n. 2, cod. civ., a riscuotere i contributi in via provvisoria, in acconto e salvo conguaglio; f) inammissibile per estrema genericità doveva ritenersi la censura relativa a "spese non dovute, non documentate ed erroneamente ripartite".
Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso il Bredice sulla base di un unico motivo, articolato in sei punti.
Resiste con controricorso illustrato da successiva memoria, il Condominio di via Vicenza 30-32, in Roma.
All'odierna udienza il difensore del ricorrente ha replicato con osservazioni scritte alla richiesta di rigetto del ricorso avanzata dal P.M.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l'unico motivo formulato il ricorrente censura la sentenza impugnata per: violazione e falsa applicazione degli artt. 1123, 1135, 1136, 1137 cod. civ. e 66 disp. att. stesso codice; violazione e falsa applicazione delle norme vigenti in tema di conflitto d'interessi ed onere della prova (artt. 2373 e 2697 cod. civ.); insufficienza e contraddittorietà della motivazione.
Al'uopo, adduce che:
1) erroneamente la Corte d'Appello ha ritenuto legittima la convocazione dell'assemblea da parte degli amministratori dei due preesistenti condomini, poiché la dichiarata inesistenza ed illegittimità di una pluralità di condomini per un unico fabbricato comportava l'inesistenza ed illegittimità della nomina di amministratori separati per ciascun condominio, con la conseguenza che essi, non essendo condomini, non avrebbero potuto disporre la convocazione dell'assemblea, che, ai sensi dell'art. 66, co. 2º, disp. att. cod. civ., in caso di mancanza dell'amministratore, può essere disposta ad iniziativa di ciascun condomino; l'illegittimità della nomina non consentiva, peraltro, il ricorso al principio della "prorogatio" dei poteri;
2) poiché l'art. 7 del regolamento condominiale prescrive la forma scritta per il rilascio delle deleghe a rappresentare i condomini in sede di assemblea ed esso ricorrente non denunciava un eccesso di potere da parte dei delegati, bensì l'esistenza stessa delle deleghe, il giudice d'appello non poteva negargli il diritto di controllare l'esistenza e regolarità delle deleghe, anche all'effetto di poter sicuramente opporre ai delegati le risultanze dell'assemblea e le sue deliberazioni; inoltre, con riferimento alle deleghe rilasciate a Miro Belardinelli, che poi sarebbe risultato eletto nuovo amministratore, si era verificato un caso di conflitto di interessi, avendo, il Belardinelli, interesse alla sua nomina come amministratore;
3) la corte di merito, equivocando tra omessa e tardiva convocazione ed omettendo di esaminare la dichiarazione dell'ufficio postale attestante che ad esso ricorrente l'avviso di convocazione era stato comunicato addirittura dopo che l'assemblea si era tenuta, ha disatteso il costante insegnamento di questa Suprema Corte, secondo cui l'interesse a far valere la nullità assoluta delle deliberazioni condominiali per difetto di convocazione va riconosciuto a ciascun condomino, anche quando egli sia stato regolarmente convocato ed abbia partecipato all'assemblea;
4) facendo falsa applicazione dell'art. 1123, ult. co., cod. civ., la sentenza impugnata ha ritenuto legittima l'approvazione di due distinti consuntivi, trascurando di considerare che essi non riguardavano le spese relative alla manutenzione delle scale A e B, bensì tutte le spese condominiali;

5) non può essere legittimamente ricompresa tra le attribuzioni dell'assembela l'emissione di bollettini provvisori di pagamento da parte dell'amministratore, senza esonero dei condomini assenti e senza l'indicazione dei criteri di ripartizione, della misura e delle modalità di pagamento, tale autorizzazione risolvendosi nel conferimento di un non consentito arbitrio all'amministratore; peraltro, l'argomento non era indicato nell'ordine del giorno dell'assemblea, che prevedeva, invece, l'approvazione del preventivo e del piano di riparto;

6) erroneamente la corte territoriale ha ritenuto viziato da genericità il motivo col quale si denunciava l'illegittimità del rendiconto perché indicava spese non dovute, erroneamente ripartite e non documentate; tale censura, invero, ribadiva gli specifici rilievi critici svolti con le note scritte depositate in data 20 dicembre 1996, in primo grado.
Il ricorso è infondato.
1) Anche se, contrariamente a quel che ritiene la Corte d'Appello, la dichiarata illegittimità della costituzione di separati condomini per ciascuna delle due scale del fabbricato condominiale comportava automaticamente l'illegittimità della nomina di due distinti amministratori, dovendosi procedere alla nomina dell'amministratore dell'unico condominio, si deve ritenere che, comunque, in virtù dell'istituto della "prorogatio imperii", applicabile in ogni caso in cui il condominio venga privato dell'opera del suo amministratore e siasi in attesa della nomina del nuovo amministratore, correttamente l'assemblea sia stata convocata dagli amministratori dei preesistenti due condomini, la cui costituzione era stata dichiarata illegittima.
Per vero, l'istituto della "prorogatio imperii", essendo fondato, oltre che sulla presunzione di una conformità della "prorogatio" alla volontà dei condomini, anche sull'interesse del condominio alla continuità dell'amminsitratore, rivela la sua utilità, non solo nei casi di scadenza del termine di cui al secondo comma dell'art. 1129 cod. civ. o di dimissioni dell'amministratore, ma anche nei casi di revoca dell'amministratore e di annullamento per illegittimità della delibera di nomina.
A diversa conclusione non può indurre la norma di cui all'art. 66, co. 2º, disp. att. cod. civ., poiché il potere di convocare l'assemblea attribuito a ciascun condomino da tale norma presuppone la mancanza dell'amministratore, che è ipotesi diversa da quella che si verifica nei casi di cessazione per qualsivoglia causa del mandato dell'amministratore o di illegittimità della sua nomina.

2) Come ritenuto dalla condivisa giurisprudenza di questa Suprema Corte (cfr. sent. n. 4601/1983; sent. n. 3952/1994), in difetto di norme particolari, i rapporti tra il rappresentante ed il condomino rappresentato sono disciplinati dalle regole del mandato, con la conseguenza che, come si ritiene per l'ipotesi del negozio concluso dal "falsus procurator", l'operato del delegato nel corso dell'assembela è inefficace nei confronti del delegante fino alla ratifica da parte di quest'ultimo. L'inefficacia, tuttavia, non è rilevabile d'ufficio ma solo su eccezione di parte e la legittimazione a proporre l'eccezione spetta esclusivamente al condomino pseudo-rappresentato.
Inammissibile, poi, perché per la prima volta posta in questa sede, è la questione del conflitto di interessi in cui si sarebbe venuto a trovare il Belardinelli, delegato dai condomini Pezzotti.

3) Vero è che la nullità della deliberazione per omessa comunicazione dell'avviso di convocazione dell'assembela può esser fatta valere da ciascun condomino, trattandosi di nullità assoluta, ma quando, come nel caso in esame, i condomini nei cui confronti la comunicazione sarebbe stata omessa, siano stati presenti all'assemblea, deve presumersi che essi abbiano avuta comunque notizia della convocazione dell'assembela, sicché la loro partecipazione all'assemblea è, per costante e condivisa giurisprudenza (cfr. Cass., sent. n. 4846/1988; Cass., sent. 1033/1995; Cass., sent. n. 875/1999), idonea a sanare l'eventuale irregolarità della convocazione.

4) È ben vero che, come osserva il ricorrente, l'accertata illegittimità della costituzione di un duplice condominio imponeva una sola votazione dell'unica assemblea condominiale per l'unico bilancio consuntivo, senza che a tale conclusione si potesse derogare, come, invece, ha fatto il giudice d'appello, in forza della norma posta dall'art. 1123, ult. co., cod. civ., poiché si votò, non già per le sole spese di manutenzione e pulizia delle due scale, bensì per il bilancio consuntivo complessivo.
Sennonché, sebbene la votazione si sia svolta in maniera irregolare e certamente atipica, non risulta che siano state violate le norme che fissano il "quorum" costitutivo dell'assemblea ed il "quorum" deliberativo; il ricorrente nulla deduce al riguardo. Sicché, deve ritenersi che, sommati i millesimi rappresentati da tutti i condomini presenti o rappresentati e da tutti i condomini che approvarono le delibere impugnate, i due "quorum" siano stati rappresentati.

Inammissibili, perché per la prima volta fatte in sede di legittimità (comunque, il ricorrente non si duole di omesso esame) e, peraltro, perché non esposte in ricorso, nonostante la loro autonoma valenza, risultano le deduzioni fatte dal ricorrente con le note scritte di replica al P.M. in ordine ad un presunto pregiudizio scaturito a suo carco dall'irregolare votazione in tema di ripartizione delle spese condominiali.

5) Nessuna norma vieta che, ai fini di una sollecita e puntuale gestione dell'amministrazione condominiale, in attesa dell'approvazione del bilancio preventivo, l'assemblea deliberi di autorizzare l'amministratore a chiedere ai condomini pagamenti provvisori, con riserva di conguaglio sulla base del bilancio approvato e tenuto conto dei valori millesimali attribuiti a ciascuna proprietà individuale.
Trattasi di materia affidata al potere discrezionale dell'assemblea.
Quanto, poi, al rilievo che l'argomento non sarebbe stato inserito nell'O.d.G. dell'assembela, si osserva che, per quel che risulta dalla sentenza impugnata, la questione viene posta per la prima volta in sede di legittimità e, pertanto, dev'essere ritenuta inammissibile. Né, comunque, la sentenza viene impugnata per omesso esame della questione.

6) L'ultima censura è infondata, sia perché, come risulta dalla stessa prospettazione fattane in ricorso, il motivo d'appello si limitava a riportarsi alle doglianze espresse in primo grado sia perché le stesse note esplicative depositate in primo grado non indicavano le ragioni per cui le spese ivi elencate non erano, ad avviso del ricorrente, dovute oppure erano erroneamente ripartite oppure non erano documentate.
Conclusivamente, il ricorso va respinto e, pertanto, secondo l'ordinario criterio, il ricorrente va condannato a rimborsare al controricorrente le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.

Per questi motivi
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese del presente giudizio, che liquida in complessivi € 2656,50, di cui € 2500,00 per onorari.


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